La Storia
del Nobile
Collegio Caccia
ieri e oggi
Il Nobile Collegio Caccia è una istituzione a favore degli studenti universitari del Novarese nata dalle disposizioni del testamento del Conte Giovanni Francesco Caccia nel 1670 e legata alla estinzione della linea maschile diretta della famiglia Caccia.
Il Conte Giovanni Francesco Caccia, nato nel 1540 a Novara, apparteneva alla nobile famiglia omonima insediata tra Novara e Milano, che, nel 1472 ottiene dagli Sforza il decuriato a Novara, cioè il titolo per far parte del Senato della città e continuerà nei secoli a far parte del patriziato novarese e milanese con importanti cariche amministrative.
Il Conte Caccia, seguendo le tradizioni politiche e gestionali della famiglia, dopo aver fatto gli studi di giurisprudenza all’Università di Pavia, fece parte di numerose istituzioni novaresi, in particolare quale componente del Collegio dei giureconsulti, del Consiglio Supremo della Città, organismo all’interno del quale venivano scelti i più prestigiosi incarichi amministrativi.
Il Conte Caccia giunto in età avanzata, avanti il Notaio Graziolo, fece testamento nell’agosto del 1616, stabilendo con un codicillo che ove il ramo della sua famiglia si fosse estinto nella discendenza maschile, il patrimonio netto residuo fosse destinato a costituire, in Pavia, un collegio universitario che avrebbe dovuto mantenersi con le rendite del patrimonio famigliare.
Il Conte Caccia morì l’11/11/1625 a 84 anni e, dopo l’apertura del testamento si procedette all’inventario dei beni che richiese, quasi due anni.
Nel 1670 dopo la morte dell’ultimo erede maschio Gerolamo Caccia si estinse il ramo maschile dei Caccia e si attuarono le condizioni per la costituzione del Collegio Caccia che, tuttavia, per diversi anni, dovettero scontrarsi con la situazione debitoria dell’eredità ed il contenzioso con le figlie di Gerolamo Caccia.
Nel 1673 gli “amministratori” della “fondazione” scelti nel Collegio dei giurisperiti di Novara, scelsero una casa in Pavia, vicino al Castello ed alla Cittadella, che fu ristrutturata durante diversi anni.
Nonostante i lavori eseguiti, per diversi anni il Collegio non fu aperto perché gli amministratori prudentemente, per circa trent’anni gestivano semplicemente ed oculatamente i beni dell’eredità, al fine di estinguere prontamente ogni debito del patrimonio relitto.
Su richiesta degli amministratori, con diploma di Carlo VI D’Asburgo, fu riconosciuto nella sua struttura, organizzazione, analoghe ai collegi Borromeo e Ghislieri ed autonomia, ma diversamente mantenendo il Collegio Caccia la natura laica.
Con la soppressione del Collegio dei Giurisperiti di Novara, ad opera delle modifiche normative di Carlo Emanuele III, che fino ad allora aveva indicato gli amministratori, gli stessi furono esclusivamente scelti nella famiglia Caccia.
Nel primo secolo di attività del Collegio esso ospitò mediamente 12 – 14 studenti e furono erogate fino a 30 borse di studio in un anno.
Fino ai primi anni del 1800 gli studenti erano in prevalenza studenti in Giurisprudenza, seguivano studenti di Medicina, poi quelli di Filosofia che comprendeva tutte le scienze e l’Ingegneria. Vi furono anche alcuni studenti di teologia.
Non vi erano criteri di merito ma l’accoglimento nel Collegio era a discrezione (ferma la regola di appartenenza alla Famiglia Caccia ed al Contado) degli amministratori ma prevalentemente alla nobiltà “povera”.
Dopo le vicissitudini dell’epoca napoleonica, durante la quale il Collegio Caccia fu costretto a tassazioni pesanti e persino dovette adibire la struttura ad ospedale militare, l’attività riprese pienamente dopo la restaurazione.
Nel 1704, stante la richiesta di nuovi inserimenti universitari di studenti del “contado”, il Collegio istituì a fianco del convittore, la figura del borsista che si è conservata fino ai giorni nostri.
La collocazione del Collegio a Pavia, che restava sotto il dominio austroungarico, mentre gli studenti erano provenienti dal regno Sabaudo, incominciò a creare problemi organizzativi e gestionali.
Nel 1668 il Regno di Sardegna aveva disposto una norma per la quale la professione di avvocato poteva esercitarsi solo per i laureati a Torino, a seguito di ciò gli studenti del Nobile Collegio caccia trovarono infinite difficoltà ad ottenere a Torino la conferma della laurea a Pavia, costretti a frequentare ulteriormente quell’università e a nuovamente sostenere gli esami di dottorato.
La politica di trasferimento fu fortemente, a partire dal 1818, voluta dall’Avv. Viotti, novarese regio censore dell’Università di Torino, che osteggiava gli studenti laureatisi a Pavia.
Gli amministratori del Collegio, preoccupati delle conseguenze per i loro allievi che, comunque, studiavano in uno stato diverso dal loro ed erano oggetto di scherno da parte degli studenti Lombardi, volendo evitare anche l’ingerenza dello Stato Sabaudo nella gestione del Collegio, avviarono una serie di trattative finalizzate al trasferimento del Collegio a Torino ma mantenendo …
Dopo il trasferimento della sede in Torino, che era molto più grande di quella di Pavia la gestione del Collegio, rimase essenzialmente stabile in quanto il numero massimo degli allievi (16) era legato alle rendite delle cascine.
Nei primi anni dell’800 mantenendo nel convitto solo gli studenti di Medicina e Giurisprudenza, le borse di studio furono date anche a giovani che svolgevano studi artistici in varie città di Italia (Torino, Firenze, Roma).
La vita convittuale fino all’800 ebbe regole piuttosto rigide, legate al periodo storico ed alle abitudini nobiliari per cui oggi fa sorridere leggere nel regolamento del 1719 che “gli scolari dovevano consegnare le loro armi prima di entrare in Collegio”, che dovevano essere sempre vestiti di nero, che erano vietate gli “spupilla”(cioè elargizioni di vario genere agli studenti anziani), che vi erano rigorose regole religiose, era vietato cantare o leggere in pubblico ad alta voce e, naturalmente, era vietato introdurre donne di alcun genere in Collegio.
Nel regolamento del 1782 rimane in vigore l’obbligo di consegnare le spade, vigeva il divieto di avere abiti di lusso, inoltre, per gli alunni di frequentare osterie o bettole o andare a giocare nei locali, parlar male del cibo del Collegio, nonché di entrare nelle stanze degli altri studenti o scegliersi la stanza al momento dell’arrivo in Collegio.
Tutte queste regole vennero pian piano attenuate, tant’è che venne persino allestita una sala da giuoco da biliardo all’interno del Collegio e gli studenti potevano uscire nel pomeriggio dal Collegio ed addirittura andare a teatro o in gita nelle feste comandate.
Con il nuovo regolamento del 1820 non vi era più l’invito a depositare le armi, probabilmente perché non si usava più girare armati, come nel ‘700, e venivano concesse le prime deroghe all’abbigliamento completamente nero.
Il Collegio introdusse l’uso della medaglia che era obbligatorio portare nei luoghi pubblici e fu introdotto, per la prima volta, il diritto degli studenti a dedicare alcune ore della giornata allo studio della musica.
Furono introdotti nuovi vincoli per garantire la serietà degli studi.
Nel corso dell’800, inoltre, si attuò un cambiamento sociale nell’ambito della provenienza degli studenti che, man mano, erano sempre più provenienti dalla borghesia e non più dalla nobiltà.
Dalla metà dell’800 l’ammissione al Collegio diventò sempre più legata al profitto negli studi.
La trasformazione del Collegio in IPAB, avvenuta nel 1865 snaturava la origine privata di fondo di scopo del codicillo del Conte Caccia e si è fino ai giorni nostri trascinata creando una dissertazione sulla natura dell’ente che fu definito, in certi momenti, dal Consiglio di Stato, come “Istituto Scolastico” mentre con il regolamento del 1865 furono stabilite, per tutte le situazioni di vita collegiale, le regole gestionali del Nobile Collegio Caccia, con inquadramento delle regole, dei privilegi e dei doveri del Rettore e veniva, per la prima volta regolamentata anche la parte relativa alle domande di accesso al Collegio, la documentazione necessaria, la frequenza delle lezioni, ed altre disposizioni, mentre prima era lasciato sostanzialmente all’arbitrio del Consiglio di Amministrazione.
L’Istituto fu gestito fino al 1865, come istituzione privata, dagli eredi della famiglia Caccia. In tale anno, a seguito di un intervento del Comune di Novara e con Regio Decreto 25 agosto 1865, divenne Istituzione di beneficenza ed i cinque Consiglieri di amministrazione, tra i quali un Presidente, furono nominati dal Comune.
L’Istituto mutò, dunque, la sua natura da entità privata ad entità pubblica.
Mezzo secolo dopo e precisamente con il Regio Decreto 5 ottobre 1906, del quale si unisce immagine della copia conforme estratta dall’Archivio di Stato di Novara, esso perdette la qualifica di Ente di beneficienza e gli fu attribuita quella di “Istituto scolastico soggetto alla tutela e alla vigilanza del Ministero della Pubblica Istruzione”. Null’altro venne innovato e la nomina dei cinque Consiglieri rimase prerogativa del Comune di Novara.
In seguito l’Istituto fu sempre ritenuto Ente di natura pubblica: ancora fino al 2020 il Comune di Novara ha nominato tutti i suoi Consiglieri, la contabilità seguì sempre le regole degli Enti pubblici ed i bilanci inviati per il controllo al Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca. Il convitto fu chiuso nel 1921 e da quella data l’Istituto ha soltanto erogato borse di studio agli studenti, utilizzando i proventi netti del suo patrimonio immobiliare.
Da notare che per l’anno accademico 1920 – 1921 furono, per la prima volta, ammesse ad usufruire delle corse di studio anche le studentesse.
Da segnalare che, nel corso dei secoli, gli amministratori furono virtuosissimi e mantennero sempre pressoché intatto il patrimonio di cui al lascito, effettuando vendita con riacquisti o permute, ma consentendo con le rendite dei terreni dati in affitto, pur nei periodi bellici o di crisi economica, di mantenere agli studi gli studenti del Novarese che ebbero riconoscimenti o cariche di prestigio in tutta la nazione.
Lo statuto fu in seguito più volte modificato, sempre con provvedimenti promossi dal Ministero competente e con il parere del Consiglio di Stato.
I due successivi Statuti e Regolamenti di amministrazione approvati con Decreti del Presidente della Repubblica 24 gennaio 1949 e 26 aprile 1962.
Lo statuto vigente fino al 2021, fu approvato in data 21 dicembre 1998, dal Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica con Decreto Ministeriale 11 giugno 1999.